PENETRATI... DALLA PAROLA

14.06.2015 09:23

Il Regno dunque è un seme che germoglia e cresce, come tutto il mondo vegetale che ricopre questo mondo, non è certo l’uomo che cura ogni angolo della terra, l’uomo al massimo cura il suo orticello, lo irriga, ne strappa le erbacce, solo perché porta a lui un tornaconto. Questo dovrebbe insegnarci che non siamo indispensabili, ma utili e comunque questo mondo governato, amministrato dall’uomo ha conosciuto l’inizio del suo declino. Non voglio tediarvi con visioni apocalittiche, quelle le viviamo già, sono quotidianamente davanti ai nostri occhi, tanto che non ce ne accorgiamo più, ma mi voglio soffermare sulle parabole. Gesù sceglie un linguaggio, quello delle parabole, un linguaggio comprensibile a tutti, un linguaggio figurato, racconta storie, accosta dati di fatto, vita quotidiana, ciò che è visibile agli occhi, ciò che è esperibile, che cela, nasconde l’essenziale, lo cela, lo nasconde perché sia cercato, voluto. Sant Exupery nel Piccolo Principe afferma che: l’essenziale è invisibile agli occhi. Se penso a quanti fedeli oggi in uno scambio di battute orgogliosamente dichiarano di leggere o consultare libri di teologia, o preti che li consigliano, testi comprensibili spesso solo “agli addetti ai lavori”, quando a disposizione c’è la Sacra Scrittura, dove l’uomo può (se vuole) leggere, spaziare e soprattutto comprendere. Dicono, c’è chi lo afferma, che la Sacra Scrittura sia difficile da comprendere ma non è così, per logica Dio si rivolge a tutti, dunque non l’avrebbe ispirata se comprensibile solo a una parte, in oltre è “un’eresia” sostenere che Dio sia difficile da comprendere o non comprensibile, o incomprensibile. L’arte nel corso dei secoli (non so quella moderna, e scusate la battuta) ha tradotto per un popolo, per la maggior parte analfabeta la Sacra Scrittura, ha figurato episodi (pensate alle vetrate del duomo di Milano, epoca gotica)  pensate alla Basilica superiore di Assisi, Medio Evo, e la gente per secoli ha compreso quel linguaggio e a quel linguaggio figurato ha risposto alla chiamata del Signore. Oggi con tutti i testi a disposizione, per ogni grado di cultura ed una diffusissima alfabetizzazione (in Italia l’analfabetismo secondo dati ufficiali è debellato) ebbene questi testi non sono comprensibili o sono incomprensibili ai più, scritti solamente per gli “addetti ai lavori”; ma la gente, il santo popolo di Dio, (me incluso) non capisce, non comprende. Gesù introduce un linguaggio figurato, lui somma sapienza e intelligenza, Dio, spiega ad un popolo che ama sino a santificarlo e redimerlo con la sua morte il senso della Scrittura, della Sacra Scrittura, spiega se stesso incarnandosi e parlando. Chiaramente, per comprendere, l’uomo deve viaggiare in quella Parola, che è incontro e partenza per un popolo che deve solo elaborare perché fornito di quello che basta a comprendere, capire e rispondere ad una Parola, ad un Dio che chiama. La Parola stimola ad una risposta ad un Dio che chiama. Se l’uomo non risponde, non interloquisce, non interagisce è perché non lo desidera, è perché è attirato da altri interessi. La parola di Dio opera in noi, lo afferma Paolo nella prima lettera ai Tessalonicesi “Parola di Dio che opera in voi che credete…” nel credente dunque opera la Parola di Dio, cioè è incarnata, si è incarnata nel credente, cresce dentro di lui, come il Cristo nel grembo di Maria, della Madre, come Dio nell’umanità e ciò ci rende divini, Dio è in noi, noi siamo in Dio, in Dio dunque siamo Dio. Paolo ringrazia la comunità di Tessalonica perché della predicazione (cioè la ruminatio, il ruminare, riprendere, il far digerire la Parola di Dio) la comunità l’accoglie: “come Parola di Dio e non come parola di uomini” scrive Paolo. Questo dice a voi fratelli cristiani e ricorda a me sacerdote che la responsabilità del ministro è quella di commentare la Parola di Dio e non le parole degli uomini. Quando noi leggiamo in silenzio al Parola di Dio, o l’ascoltiamo durante la celebrazione eucaristica, il Signore è con noi al nostro fianco, che ci spiega: “ ai suoi discepoli spiegava ogni cosa” abbiamo ascoltato da Marco. E’ ciò che sentiamo dentro di noi quando ascoltiamo la Parola, la spiegazione di ogni cosa da parte del Signore (anche se oggi abbiamo preso il brutto vizio di leggerla nei foglietti). Ascoltare significa disporsi e lasciarsi penetrare e noi sappiamo bene quanto queste verbo sia sinonimo di vita. Se si legge non c’è ascolto, non c’è passività, abbandono a Dio, dobbiamo riappropriarci (come al tempo del Signore) dell’ascolto, Gesù parlava alle folle, annunciava la Parola, Gesù dialoga, non manda pizzini. Ciò che si ascolta in Chiesa può poi essere ripreso a casa nella Bibbia, nella Sacra Scrittura che è il libro più diffuso nel mondo, il primo ad essere stampato e ciò non a caso. La Parola, l’ascolto, la rilettura, la ruminatio, cioè il riprendere la Parola, pensarla, ripensarla, meditarla, farla vivere, renderla viva come in fondo è, è Dio, visualizzarla, darle forma, ci porta alla visione, alla contemplazione, secondo quelle che sono le nostre possibilità, le nostre peculiarità, Marco annota “ come potevano intendere”. Questo intendere, questo secondo le nostre possibilità è per chi vive la vita cristiana, un crescendo un passare da uno stato all’altro, salire i gradini di una scala e guardarsi intorno ad ogni fine rampa e scoprire, prendere coscienza di una nuova visuale, nella quale si possono cogliere particolari che solitamente da terra non si riescono a  cogliere, e che vengono a far parte della nostra esperienza, cioè della nostra crescita, maturità. Il discepolato, la sequela al Cristo, il seguirlo ci porta nel suo privato, dunque nel nostro privato, lì c’è la spiegazione di ogni cosa, la vita di preghiera di dialogo che ha inizio con la Parola, nella Parola, nell’intimo incontro con una Parola viva, vera, reale, persona che mi porta, mi accompagna, mi spinge a salire quella scala per assaporare ogni particolare di un mondo che si apre al mio sguardo, al mio infinito orizzonte, mondo nuovo, vita nuova, novità: eterna, per sempre.