LA FEDE…POLITICA DI DIO
“Egli credette al Signore che glielo accreditò come giustizia”. Potremmo chiudere qui la nostra riflessione fratelli cristiani, chiuderla con questa frase, su queste parole estrapolate dalla prima lettura tratta dal libro della Genesi. L’essere giusto, ci dice il Signore è credere in Lui. Il credere dunque è un atto concreto che viene riconosciuto, e passatemi la parola “monetizzato” con la giustizia. Sì, monetizzato, pagato, ripagato, scambiato perché Abramo è arabo, commerciante: “Signore Dio che cosa mi darai?” Il Signore gli risponde credi e sarai giusto. Saprai, avrai, otterrai la capacità di giudicare, valutare, comprendere, perdonare: ecco la giustizia che si ottiene dal credere, dalla fede. “ Egli credette al Signore” cioè si affida, segue il Signore ripone in lui fiducia, si fida, consegna se stesso, totalmente, affida la sua vita: la fede. La fede ve lo ripeto spesso fratelli cristiani, come scrive Paolo ha il suo fondamento nelle cose che si sperano e ha come prova le cose che non si vedono. Un salto nel vuoto e nel buio… “partì senza sapere dove andava”. Tutto è fondato su una sensazione e tutto si fonda nella fede, nella sensazione. Un esempio, un esempio stupido se volete, mangiamo ciò che compriamo fiducioso che quel cibo per noi sia benefico, non mortifero e così via, tutto, tutto si basa sulla fede. Dio quindi non chiede a noi qualcosa d’impossibile, ci chiede di porre in lui la nostra fiducia come la riponiamo nelle altre cose. Dio ci sta dicendo, c’invita a prendere coscienza che c’è anche lui, che nel mondo oltre le tante cose, persone e situazioni c’è anche lui, e come ogni cosa, persona e situazione, ha un rimando, un contraccambio, così lui, per noi che gli crediamo ha un rimando: l’essere giusti, il divenire giusti. Perché Dio incontra l’uomo, e perché gli chiede di credere, di avere fiducia, speranza, dunque amore per lui? E’ pedagogia, pura pedagogia, educazione, sana educazione. L’uomo si sa, lo sappiamo bene, molto bene, si perde è atto a perdersi per strada, si è perso subito, già nell’Eden, nel giardino. Se si perde, come si è perso, l’uomo compie scelte e azioni sbagliate che lo penalizzano, lo sottomettono, sino a renderlo schiavo. Come? Gl’idoli, se indirizzo il mio credo, la mia fede, se pongo speranza e fiducia sino ad amare ciò, consegno tutto me stesso agli idoli… E che vita faccio, vivo? Tre, lo sapete, tre sono i fondamentali, tre per tutti e per tutte le componenti della nostra società, delle istituzioni, Chiesa compresa, tre dicevo, sono gli idoli: potere, sesso, denaro. (le tentazioni di Gesù nel deserto). Potere: il successo, l’apparire; denaro: ciò che mi permette il tutto subito; sesso: l’eros ridotto a bisogno, l’altro concepito come cosa, cioè strumento del mio piacere. C’è voluto Freud per dirci queste cose, per farci prendere coscienza di queste cose? Freud lo scorso secolo chiamò questi idoli di sempre: libido amandi, libido possidendi, libido dominandi. Ci è voluto Freud per far prendere coscienza alla classe borghese, classe come le altre, ma che con questi idoli ci specula, ebbene c’è voluto Freud? No, è da sempre, dal primo uomo, da Adamo che rompere l’equilibrio portando dentro la nostra vita (compromettendo di fatto quella dell’umanità intera), l’idolo, cioè se stesso. Adamo si pone al centro perché acquisendo senza un’educazione, senza un percorso pedagogico la conoscenza, Adamo deifica se stesso, volendo togliere di mezzo Dio, volendo sostituirsi a Dio, prendere il posto di Dio. Ma l’uomo non ha in sé queste capacità, è creatura, non creatore, deve sottostare alla legge naturale che non è scritta su carta, ma dentro ognuno di noi, e per conoscerla bisogna prima conoscersi e sapere chi è Dio, avere chiaro che è il creatore e che io sono la creatura; e l’uomo ciò non l’ha ben chiaro, tanto che scrive su carta delle leggi, sue leggi, per governare se stesso, lui, l’uomo che non sa rispettare quello che lui stesso, per se stesso scrive e si dà, cioè non ha fede, non pone fiducia in se stesso. La fede dunque è un riacquistare l’equilibrio perduto, l’armonia, è dunque ordine, è libero ordine, dà mandato a me stesso, sono cioè lasciato libero di porre ordine, se ho fede, tendo, quindi spero, cioè lavoro per e con la fantasia e ciò è creare bene, aspirare al bene, attuare il bene, rendere il bene atto, un atto: l’atto, cioè realizzare, dunque realizzarsi. Dio non è un idolo, o l’idolo, è persona che dialoga, l’idolo è muto. Dio dialoga con me attraverso la sua Parola, con me passeggia nel giardino, che mi è stato dato affinchè lo amministrassi, e in esso Dio mi ha posto, perché da esso sono tratto, tratto da quella terra che lo compone, e mi ha insufflato nelle mie narici il suo Spirito, parte di lui, perché fossi come lui. Che attinenza hanno con Dio gli idoli: il potere, il sesso, il denaro? Nessuno! Gli idoli sottomettono, succhiano quello spirito vitale che Dio mi ha insufflato, perché a lui si vogliono sostituire, inglobando totalmente me stesso perché io non diventi come Dio. L’idolo non permette che io riconosca, attraverso una sana pedagogia e ad una sana educazione la giustizia, l’essere giusto. L’idolo permette che la giustizia non sia acquisita attraverso la conoscenza, permette che ne sia trafugata, rubata solo una parte e che la conoscenza sia parziale, controllata, perché così si è facilmente controllati e sottomessi:questo è successo nel giardino con la mancanza di fede. Che cosa c’entra tutto ciò con la festa odierna in cui viene chiamata in causa la famiglia? La famiglia è il primo posto in cui si parla di fede e si vive la fede.